Lo scenario brasiliano odierno è il risultato di una crisi politico-religiosa che ha trovato in questo paese un humus ideale: la disparità economica e la coabitazione di un pluralismo religioso. Da un lato i cattolici e i movimenti indigenisti con le tradizioni e i culti precristiani, e dall’altro il crescente movimento neoprotestante di stampo americano che, in sodalizio con la politica di destra e conservatrice di Bolsonaro filo trumpiana, si fonda sulla teologia della prosperità. “Il protestante sudamericano, da un lato moralmente conservatore e dall’altro sedotto dal Vangelo dell’abbondanza, promessa di ricchezza e salute, non è uno stereotipo ma il prodotto di una domanda di salvezza, che investe anche la salute fisico-affettiva e la prosperità materiale.” (A. Riccardi) Ma la ricerca di una ricchezza facile insieme alla visione conservatrice che imbriglia i diritti, scomodi al potere, si sposano con la visione criminale e portano ad un aumento della violenza, della disuguaglianza, della chiusura verso l’altro, il diverso, finendo per giustificare l’esistenza di uno stato dispotico e autoritario. Un cerchio che non si chiude in Brasile ma che tende a dilatarsi a tutto il mondo.
© Rachele Gigli